Lug 8, 2021

Michela Cimatoribus

Michela Cimatoribus

L’autrice di Effervescenze diverse ci ha raccontato di più sul nostro ultimo libro.

 

Ciao Michela, cominciamo l’intervista con un piccolo trabocchetto. Descriviti in 30 parole!

Sono appassionata di bevande fermentate, cucina, gatti, natura, viaggi. Il mio motto è “la vita è troppo breve per bere male e sempre le stesse cose”.

 

Il tuo libro Effervescenze diverse ci porta alla scoperta di alcune bevande fermentate meno conosciute. Puoi raccontarci da dove arriva l’idea e l’ispirazione? Raccontaci qualche aneddoto della sua produzione.

L’idea nasce dal mio avvicinamento ai vini prodotti con metodo ancestrale e dalla curiosità verso le produzioni più artigianali e di lunga tradizione (che a volte si è persa), in cui la creatività e l’utilizzo di materie prime del territorio in maniera innovativa fa nascere prodotti unici e di grande personalità. Mentre assaggiavo quei vini pensavo a quanto mi ricordassero certe birre “sour” del mondo belga e da lì ho capito che dovevo indagare anche tutti quegli ibridi che stanno nascendo, in cui uve si mescolano a malti o a mele o a miele fermentati per offrirci sempre sensazioni nuove e anche opportunità di abbinamento inconsuete. Ho trascinato vari amici in questa ricerca, sottoponendoli a maratone di degustazioni, perché mi sembrava un peccato non condividere tutta quella bontà.

 

Hai un capitolo o una parte preferita? Se sì, raccontaci perché.

La cosa che mi ha più appassionato nella mia ricerca è stata la storia di tutti questi prodotti e scoprire che erano davvero tutti “ancestrali”, con incursioni anche nella mitologia, nel caso soprattutto dell’idromele.

 

Per Trenta Editore la “Buona Tavola suscita emozioni”, cosa rende speciale la tua tavola?

Per me a tavola l’emozione può nascere da molti spunti: un accostamento di colore o di consistenza, un abbinamento piatto-bicchiere ben riuscito, una ricetta creata sull’onda di un pensiero o di un ingrediente, meglio se autoprodotto. Il mio sogno sarebbe avere un orto in cui far crescere ortaggi e frutti da trasformare in piatti unici e sani per me e i miei cari.

 

Qual è la tua personale definizione di creatività?

Per me la creatività è riuscire a dare forma a una visione, facendo nascere un’idea nuova da elementi che sono a disposizione di tutti, ma che solo il creativo riesce a mettere insieme, dando vita ad esempio ad una bevanda, buona, replicabile e sostenibile che possa essere apprezzata anche da altri.

 

Esiste un’effervescenza che possa definirti? Quel particolare sapore che potrebbe descrivere la tua personalità, la tua storia e il tuo vissuto.

Una specifica no, perché sento di non essere sempre la stessa e quindi nella mia cantina c’è sempre un’ampia varietà di bottiglie tra cui scegliere in base alla voglia del momento. Idealmente mi piacerebbe essere vista come un vino o una birra con un certo affinamento (anche per motivi anagrafici, ahimè!), una complessità e un equilibrio di fondo che rende la sorsata sempre intrigante e piacevole, ma mai banale o ripetitiva.

 

La Buona Tavola e il futuro, qual è la tua visione?

Sono molto ottimista, la ricerca da parte dei produttori e dei cuochi si evolve sempre più verso la sintesi perfetta tra valorizzare la tradizione e le materie prime stagionali e magari anche autoprodotte a km 0 da un lato, e cercare sempre nuove sinergie e accostamenti di profumi, sapori, colori, consistenze, modalità di preparazione. Con questo non penso solo all’alta cucina che non è per tutti i portafogli ma si veda ad esempio la strada che sta percorrendo la pizza: da fast food all’italiana di qualità spesso discutibile si è evoluta in un piatto gourmet disponibile per tutti.

 

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